
Carpignano Salentino
Carpignano Salentino, un paesino in cui affondano le radici della civiltà rupestre del Salento. Avrete la possibilità di scoprire e visitare la Cripta delle Madonne delle Grazie, uno scrigno bizantino che custodisce alcuni tra gli affreschi più preziosi e antichi del Meridione d’Italia. (Le raffigurazioni realizzate dal pittore Teofilatto, risalenti al 959 d. c. sono visibili nell’abside di destra e quelle di Eustazio (1020 d. c.) nell’abside a sinistra. Un terzo gruppo di immagini, attribuibili a Costantino, sono databili intorno al 1050 d. c. Gli affreschi ricoprono tutte le pareti e sono associati a iscrizioni in greco che recano i nomi dei committenti e degli artisti) opzionale.
Il palazzo ducale Ghezzi, luogo in cui nel 28 giugno 1663 Angelo Felice Ghezzi viene nominato duca di Carpignano. La famiglia, proveniente da Orvieto, ristrutturò e ampliò il preesistente palazzo. (Nell’ampliamento furono inglobati diversi corpi edilizi del fortilizio feudale e precisamente gli ambienti del palazzo baronale con le scuderie al piano terra e larga parte del giardino (lato sud dell’attuale palazzo) opzionale. Sulla facciata delle scuderie, resta ancora uno stemma araldico dei feudatari del Balzo proprietari del castello. In questo maniero viveva Isabella del Balzo, moglie di Federico d’Aragona, e vi si trovava anche quel 10 ottobre del 1496, quando Bernardino del Balzo le portò la notizia che il re Ferdinando d’Aragona era morto e lei era divenuta regina. I nobili del Regno vennero a prelevarla, qualche giorno dopo, per condurla a Napoli. Il lungo prospetto è caratterizzato da un elegante portale barocco, incorniciato da quattro colonne scanalate, sormontato da un balcone su cui è visibile lo stemma della famiglia Ghezzi, feudataria di Carpignano nel Settecento, e un'epigrafe latina NON SIBI SED ALIIS (non per sé, ma per gli altri), il moto della tessa. Di particolare pregio, sono le numerose finestre del primo piano, tutte uguali. I vari locali dopo la metà dell’Ottocento, quando i Ghezzi si trasferirono a Lecce, furono adibiti a vari usi, fabbrica e deposito di tabacco tra gli anni ’50 e ’70 del novecento, molino, oleificio, banca, abitazioni private ecc. oggi finalmente è stato rilevato quasi completamente dal comune e sottoposto a restauro. Al piano terra, i locali delle scuderie quattrocentesche ospitano il museo archeologico Mus.Ar.Ca. inaugurato il 5 aprile 2017, il quale raccoglie i risultati delle attività archeologiche effettuate nel territorio caratterizzate dalla sinergia tra Comune, Sovrintendenza e Università del Salento.
Il Santuario di santa Maria della Grotta è stata concepita a croce latina, ha un rosone decorato e un elegante portale barocco del braccio del transetto rivolto al paese. Entrandovi troverete numerosi elementi di pregio, tra cui: le statue di San Francesco D’Assisi e di San Luigi, in cartapesta, poste in due absidi ai lati del portone d’ingresso; sui versanti della navata, varie tele raffiguranti la vita della Madonna ad opera di Giuseppe De Donno; cinque stemmi posti sulle chiavi di volta del santuario. Nei bracci del transetto, quattro piccole absidi sono affrescate con le figure di Santa Caterina di Alessandria e delle Sante Apollonia e Irene da un lato, Santa Giustina e Sant’Orsola. Di notevole importanza è la tela posta sul fondo del coro, dipinta nel 1601 da Ippolito Borghese, raffigurante la Madonna tra i Santi Francesco d’Assisi e Francesco di Paola e nella parte inferiore contenente un inserto con il Battesimo di Gesù nel Giordano, collegabile con l’originario culto del luogo a San Giovanni. Sotto il presbiterio c’è l’ipogeo della cripta dell’apparizione, cui si accede con due scale poste ai lati dello stesso.
La colombaia che sorge nella periferia del paese, all’interno di un campo denominato “fondo palumbaru” (nome dialettale della colombaia) dove si trovano anche le due neviere, con i suoi 12 mt di altezza e i 62 di circonferenza è la più grande tra queste strutture. Al suo interno sorge un’altra torre quadrangolare entrambe con migliaia di cellette ospitano altrettante coppie di colombi torraioli. La torre, costruzione tipica del paesaggio rurale, era destinata all'allevamento dei colombi. Tra gli scopi: continuo approvvigionamento di carne, oltre che una fondamentale fonte per la raccolta della colombina, contenuta nel guano, ottimo fertilizzante nonché elemento fondamentale nella concia delle pelli. Altre due colombaie sorgono nel centro del paese, appartenenti alle famiglie Salomi, e de Donatis.
Potrete ammirare i Menhir e i Dolmen che sono le ultime tracce della civiltà megalitica. Testimonianza di una società primitiva, che esprimeva con questi monumenti il culto del sacro e probabilmente con l'adorazione del Cielo. I Dolmen e i Menhir sono costruzioni in pietra massiccia (megaliti dal greco "grande pietra"), i menhir sono monolitici mentre i dolmen paleolitici e solitamente assemblati a portali comuni a quelle che si trovano in Cornovaglia, nella Bretagna Francese, in Inghilterra, in Portogallo e in Belgio; i più famosi sono quelli di Stonehenge. Spesso collocati lungo la direzione dei raggi solari sono monumenti probabilmente utilizzati nei rituali sacri, per l’adorazione degli astri. Il basso Salento è l'unica zona d'Italia dove si trovano ben oltre 40, tra Dolmen e Menhir. Carpignano è uno dei paesi con un’alta concentrazione di questi monumenti preistorici, ben 4 menhir presenti e altri 3 scomparsi, ma catalogati nel XIX sec da Cosimo de Giorgi.
Le neviere sono ambienti semi-ipogei coperti da volte a botte, privi di pavimentazione solare, (lu chiancatu, pavimentazione fatta con lastre di pietra leccese dette chianche), venivano ricoperte con terreno e vegetazione spontanea. Erano delle cisterne in cui veniva riposta la neve che veniva pressata con tronchi secchi di fico. Generalmente sorgevano nei pressi di masserie, dove vi erano larghi spazi liberi per raccogliere la neve non calpestata. Non veniva posta la pavimentazione solare per permettere, durante il periodo estivo, l’evaporazione e mantenere più fresco l’interno. Il Salento, ha conosciuto lunghi periodi freddi per via della “piccola glaciazione”, avvenuta tra il XV e il XIX sec. Le neviere, pertanto, possiamo considerarle costruite in questo periodo. La neve era inizialmente accumulata in anfratti o grotte naturali; solo in seguito si scavarono queste strutture. Prima dell’avvento della fabbricazione industriale del ghiaccio (avvenuta in Italia a partire dal 1830), la raccolta della neve nelle neviere, era l’unico sistema per produrre il ghiaccio. Questo commercio cominciò a declinare agli inizi del ‘900, quando, furono inventate e diffuse le prime macchine per la fabbricazione del ghiaccio artificiale, elemento che a poco a poco soppiantò del tutto la neve.